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Fabiano Ventruto |
Un
giorno c’è la vita. Per esempio un uomo di sport, sano, giovane, pieno di
entusiasmo e voglia di vivere. Tutto è com’era
prima e come sarà sempre. Passa da un giorno all’altro pensando ai fatti suoi,
sognando solo il tempo che ancora gli si prepara. Poi, d’improvviso, lo coglie
una malattia che lo porta drammaticamente a spegnersi. Esala un leggero
sospiro, si abbandona, ed è la fine.
La
sua subitaneità non lascia spazio al pensiero, non dà occasione allo spirito di
cercare una parola che possa consolarlo. La morte di un giovane felice e
sorridente dopo una malattia così fulminante non possiamo accettarla con
rassegnazione. La morte accidentale si può attribuire al destino. Ma quando
avviene in questo modo ci spinge così vicino all’invisibile confine tra la vita
e la morte da farci domandare su che lato di esso ci troviamo ed è come se
quella morte avesse posseduto questa vita da sempre.