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Fabiano Ventruto |
Un
giorno c’è la vita. Per esempio un uomo di sport, sano, giovane, pieno di
entusiasmo e voglia di vivere. Tutto è com’era
prima e come sarà sempre. Passa da un giorno all’altro pensando ai fatti suoi,
sognando solo il tempo che ancora gli si prepara. Poi, d’improvviso, lo coglie
una malattia che lo porta drammaticamente a spegnersi. Esala un leggero
sospiro, si abbandona, ed è la fine.
La
sua subitaneità non lascia spazio al pensiero, non dà occasione allo spirito di
cercare una parola che possa consolarlo. La morte di un giovane felice e
sorridente dopo una malattia così fulminante non possiamo accettarla con
rassegnazione. La morte accidentale si può attribuire al destino. Ma quando
avviene in questo modo ci spinge così vicino all’invisibile confine tra la vita
e la morte da farci domandare su che lato di esso ci troviamo ed è come se
quella morte avesse posseduto questa vita da sempre.
Morire così giovani è come
morire senza preavviso. Come dire: la vita si interrompe. E può interrompersi
in qualunque momento.
Non
conoscevo a fondo Fabiano Ventruto ma ho avuto il piacere di conoscere suo
fratello Cristiano, ragazzo di una bontà ed educazione d’altri tempi. Valori
che mi hanno sempre dato la sensazione di provenire da una famiglia vera alla
quale, in occasione delle stelle al merito del Coni
di Brindisi, è stato riconosciuto il premio come “Famiglia Sportiva Brindisina”.
Fabiano sono convinto rispecchiasse questi valori per quello che ho sentito
dire di lui e per quello che ho potuto notare nello sguardo buono e positivo di
Cristiano.
Un modo di andar via, quello di
Fabiano, nel silenzio della grandezza d’animo e con il coraggio di chi si
rassegna al suo destino. Un destino che non è abituato a fare sconti e con l’ingiustizia
di chi non tiene conto che dietro la vita di un ragazzo giovane c’è tanto da
sognare e realizzare.
Fabiano ha giocato la sua ultima
partita, apparentemente potrebbe sembrare che l’abbia persa ma non è così. Ha
vinto nell’affetto della gente, nell’amore dei suoi familiari, nel rispetto di
tutti gli sportivi che come me hanno solo accarezzato la sua brevissima
esistenza. Una triste consolazione che apre ad una sola ed unica
considerazione: NON E’ GIUSTO!
Qualcuno in passato ha detto che “vivere
non è altro che iniziare a morire” ma per chi, come noi, viviamo di sport “vivere
può significare vivere in eterno” … perché nel nostro cuore e nella nostra
mente uomini come Fabiano continueranno a viverci per sempre.
Ciao Fabiano, questo meraviglioso
sport aiuterà tutti noi a tenerti in vita molto di più di quello che il
destino, ingiustamente, ha voluto riservarti.
Sandro Santoro
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