18 novembre 2011

Crisi economica o di idee?

Fonte: Basketnet

Comincia una nostra inchiesta sulle società sportive e i loro conti, alla luce soprattutto della recente scadenza di pagamento dei cosiddetti Nas. Ne parliamo con il presidente Giba Giuseppe Cassì

Cominciamo oggi una nostra inchiesta su un aspetto spesso trascurato della vita delle società cestistiche. I Nas, ovvero gli indennizzi per i Nuovi Alteti Svincolati, sono ormai entrati da qualche anno nella realtà italiana. Si tratta di una cifra fissa, proporzionale al campionato seniores a cui una squadra si iscrive, con cui si va a "indennizzare" le società (con l'85% del parametro) presso il cui il giocatore è stato tesserato al raggiungimento del ventunesimo anno di età (oppure quella in cui il giocatore era tesserato nell'anno in cui ha ottenuto lo svincolo) e quella, in forma assai minore (il 15%), dove l'atleta ha firmato per la prima volta il proprio cartellino. I Nas sono entrati a regime definitivamente il 30 giugno 2010, con lo svincolo di autorità di tutti i giocatori con almeno 21 anni. Oltre a quelli che lo sono diventati d'autorità, magari a seguito della revoca dell'affiliazione alla propria squadra, e a quelli che lo erano divenuti prima per motivi anagrafici.
 Giusto per avere a nostra volta dei parametri economici, i Nas per la stagione 2011/12 calcolati su un giocatore del 1990 sono:
Serie A: 11500 euro, Legadue: 9750 euro, DNA: 9200 euro, DNB: 7450 euro, DNC: 4000 euro, C regionale: 1400 euro, D regionale: 350 euro.
Va da sé che emergono sia delle evidenti sperequazioni (Dna cara quasi come un A2, ma in generale i campionati nazionali dilettanti pagano cifre non proporzionali all'effettiva presenza sul mercato) che il fatto che una parte consistente del budget di una società rischia di finire a pagare parametri. La faccenda antipatica è che si dovevano versare entro il 3 novembre scorso e ora, le società inadempienti hanno tempo sino al 24 novembre per saldare la propria situazione. Altrimenti, nel corso del Consiglio federale successivo verrà revocata l'affiliazione e addio ai campionati. Emerge, altrettanto, che ci saranno sempre società con Nas positivi (quelle che hanno formato molti giocatori di buon livello, per esempio Robur et Fides Varese e Blubasket Treviglio, oppure quelle "fantasma" e che proseguono l'attività con una sola squadra giovanile solo per ricevere i parametri) e altre costrette da vari motivi a essere sempre con l'acqua alla gola. È inutile dire che ci sono delle zone dove formare i giocatori non è affatto facile e quindi si finisca per forza con spendere buona parte del budget in questa tassazione indiretta. Per la cronaca chi ha Nas positivi li riceve, salvo una trattenuta del 5% che rimane in Fip, entro il marzo successivo. Da notare che, in caso di scomparsa della società a cui è dovuto il parametro, lo stesso viene inglobato dalle casse federali.
Cominciamo questo giro di pareri sui Nas e la situazione generale dei campionati italiani partendo da Giuseppe Cassì, 48 anni, avvocato e presidente della Giba (Giocatori italiani di basket associati), il sindacato che raggruppa buona parte dei cestisti nostrani.
Presidente Cassì, a suo vedere, qual è la situazione del basket italiano, vista ovviamente dal punto di vista dei giocatori, specie di quelli dilettanti che poi sono la parte probabilmente peggio "trattata" del sistema cestistico italiano?
Le giocatrici ed i giocatori dilettanti, ma professionisti di fatto, vivono in una specie di limbo. Lavorano tanto quanto i professionisti, ma in base ad una legge assurda che consente al Coni e alla Fip di decidere a priori chi merita lo status di professionista e chi no (a prescindere dalla attività realmente svolta e dal tipo di rapporto intrattenuto con la società), sono considerati dilettanti, con tutto ciò che ne consegue in termini di minori tutele, garanzie e diritti. Le giocatrici ed i giocatori dilettanti, ma professionisti di fatto, subiscono periodicamente regole penalizzanti, come quella che impone gli under. Sono una grande risorsa per il movimento, ma a volte sono considerati quasi come un peso, come occupanti di spazi che sarebbe meglio fossero lasciati ad altri. Le giocatrici ed i giocatori dilettanti, ma professionisti di fatto, dedicano la loro adolescenza e la loro gioventù al basket e per fare ciò spesso tralasciano di seguire gli studi o di imparare un mestiere, con il risultato che quando smettono a 30 o 35 anni si trovano a doversi inventare un lavoro, senza adeguata istruzione e preparazione. È responsabilità nostra e delle istituzioni sportive agevolare questo difficile passaggio prevedendo un "transition program", come accade nei movimenti sportivi più evoluti del nostro.
Fa più male l'attuale stato di crisi economica e/o recessione o dover pagare i Nas?? Non tutti i dirigenti risponderebbero parlando di economia ...
La crisi si avverte molto anche nel basket, ma sono sicuro che il peggio debba ancora arrivare. Quando si impreca contro i Nas ci si dovrebbe ricordare che a parte una percentuale piccola (intorno al 10 - 15% di quanto sborsato dai club), tutto il resto rientra nelle casse delle società. Si tratta di una partita di giro che non trovo affatto scandalosa. L'obbligo di pagare i Nas è strumentalmente evocato dai club al momento della trattativa economica con i giocatori, ai quali non viene però riferito l'importo che lo stesso club recupera attraverso questo stesso meccanismo. Questo si che è ingiusto.
Come si può uscire da questa situazione sicuramente scoraggiante? Quest'estate la moria di squadre ha determinato uno sconquasso dei campionati, dall'A2 in giù
Io personalmente non apporterei altre modifiche alla struttura dei tornei: ne sono state fatte troppe in passato. Chi ha le risorse prosegua, chi non ce la fa lasci spazio ad altri. È inutile continuare a riformare i campionati in un contesto nel quale la vera riforma la fanno la crisi ed il mercato. Quest'anno anzichè i 4 gironi previsti per la Dnb ne sono venuti fuori solo 3. La riduzione da più parti
invocata (non da me) è arrivata naturalmente, senza imposizioni. Secondo me ci sarebbe solo da studiare un meccanismo economico che preveda agevolazioni per i club che operino secondo strategie in linea con gli obbiettivi federali. Per esempio, se è considerato obbiettivo federale primario quello di far giocare di più i giovani che escono dal settore giovanile (18 - 19 anni), anzichè imporre un numero minimo di under 23 o 24 (sistema che ha palesemente fallito), sarebbe utile prevedere incentivi e disincentivi economici: chi utilizza i giocatori più anziani si accolli una parte degli oneri a carico dei club che impiegano giocatori diciottenni e diciannovenni. La leva economica, in un momento di crisi, ha più efficacia di qualsiasi imposizione normativa. (Prima parte)

Nessun commento: